Molto è cambiato in tema di sorveglianza sanitaria nelle aziende da quando è entrato in vigore il D.Lgs. n. 106/2009, cosiddetto decreto correttivo al Testo unico 81/2008 per la sicurezza sul lavoro in materia di sorveglianza sanitaria. Tali novità hanno avuto una ricaduta di non poco conto per le aziende, soprattutto in termini di adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori ed al rapporto con il medico competente.
Uguale è rimasto il caposaldo dell’intera normativa in proposito, ovvero il principio secondo cui “la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente nei casi previsti dalla normativa vigente” e vietata negli altri casi. Dunque l’obbligo di sottoporre i lavoratori ad accertamenti sanitari e verificare le loro condizioni di salute in rapporto alle mansioni scatta solo nei casi in cui lo svolgimento dell’attività lavorativa comporti l’esposizione dei lavoratori a rischi per i quali il legislatore ha disposto, tra le altre misure di prevenzione necessarie, anche la sorveglianza sanitaria. È il datore di lavoro, pertanto, che agli esiti della valutazione dei rischi verifica se l’attività lavorativa necessiti o meno di sorveglianza sanitaria, precisamente nei seguenti casi:
- Svolgimento di attività lavorativa al videoterminale superiore a 20 ore settimanali;
- Attività di movimentazione manuale dei carichi;
- Attività lavorative rumorose che espongano i lavoratori a livelli maggiori dei valori superiori di azione (Lex = 85 dB(A) e Lpeak = 137 dB(C)) – Attività lavorative comportanti esposizione dei lavoratori a vibrazioni con livelli superiori ai valori d’azione;
- Esposizione a campi elettromagnetici di lavoratori particolarmente sensibili;
- Lavoratori esposti ad un rischio chimico non definibile “irrilevante per la salute o basso per la sicurezza”;
- Esposizione ad agenti cancerogeni;
- Esposizione ad agenti biologici;
- Esposizione ad amianto;
- Esposizione a radiazioni ionizzanti;
A questo elenco vanno aggiunte quelle attività lavorative o mansioni per le quali il legislatore ha previsto accertamenti finalizzati alla verifica dello stato di tossicodipendenza o alcool dipendenza, nonché l’esposizione a radiazioni ottiche artificiali ad oggi non ancora in vigore. In tali casi il datore di lavoro deve procedere alla nomina del medico competente il quale procederà ad effettuare la sorveglianza sanitaria ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. n. 81/2008. Questa attività comprende lo svolgimento delle seguenti visite:
- visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
- visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente:
- visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
- visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;
- visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente; – visita medica preventiva in fase preassuntiva;
- visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.
Ed è proprio la visita preassuntiva a rappresentare una delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 106/2009. Questa infatti, e era da considerarsi vietata prima dell’entrata in vigore del Decreto correttivo per espressa previsione normativa, a far data dal 20 agosto non solo è da definirsi perfettamente lecita, ma addirittura obbligatoria. Infatti, il legislatore ha inserito tale visita tra quelle di cui all’art. 41, comma 2 il quale definisce l’elenco delle attività che costituiscono la sorveglianza sanitaria e che sono da considerarsi tutte obbligatorie.
Dunque, ribadendo che tali visite mediche sono necessarie e obbligatorie solo in presenza di rischio per i quali il legislatore ha stabilito l’obbligo di esecuzione della sorveglianza sanitaria, in questi casi il datore di lavoro che decide di assumere un lavoratore dovrà avviarlo a sorveglianza sanitaria prima dell’assunzione perché si possa valutarne l’idoneità alla mansione specifica.
La visita preassuntiva potrà essere svolta, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione della ASL e comprenderà, qualora necessario, anche gli esami volti alla verifica dello assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
Altra novità introdotta dal decreto correttivo è quella della visita medica precedente alla ripresa del lavoro dopo un’assenza continuativa, per motivi di salute, superiore a 60 giorni, anch’essa da effettuarsi solo nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria.
Dovrà essere il datore di lavoro ad avviare i lavoratori a visita medica in occasione della scadenza delle visite periodiche, non il medico competente a ricordargliene l’evenienza,ai sensi di quanto disposto dal nuovo art. 18, comma 1, lett. g). Agli esiti della visita medica, il medico competente restituirà al datore di lavoro il giudizio di idoneità e la cartella sanitaria di rischio del lavoratore.
Quest’ultima dovrà essere conservata, con riguardo al segreto professionale, sul luogo di custodia concordato al momento del medico competente all’atto della sua nomina (e che potrebbe anche non coincidere con la sede dell’azienda).
È bene precisare che il datore di lavoro deve vigilare affinchè i lavoratori siano adibiti alla mansione, solo in presenza del giudizio di idoneità rilasciato dal medico competente (art. 18, comma 1, lett. bb)) In tutti i casi, qualunque sia l’esito della visita medica, è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’ASL territorialmente competente.
Al momento della cessazione del rapporto di lavoro con il lavoratore, il medico competente restituirà al datore di lavoro l’originale della cartella sanitaria in suo possesso, il quale dovrà custodirla per almeno 10 anni nel rispetto della vigente normativa sulla privacy.