Il demansionamento lavorativo, l’illegittimo esercizio della facoltà di trasferimento del lavoratore (art. 2103 c.c.), la violazione del diritto del prestatore d’opera a lavorare così come prescritto nel contratto di lavoro subordinato,(strettamente correlata all’ipotesi di demansionamento), le varie ipotesi di licenziamento illegittimo, ingiusto ed ingiurioso, la fattispecie di mobbing, le molestie sessuali, la perdita di chances di un dipendente per violazione delle regole di correttezza e buona fede da parte del datore di lavoro a favore di un altro lavoratore subordinato sono tutte fattispecie concrete per le quali si riconosce la risarcibilità del danno da stress lavoro correlato.
Bisogna tornare indietro nel tempo di 15 anni per trovare la prima sentenza che ha riconosciuto il danno da stress lavoro-correlato.
Si tratta di una sentenza emessa dal giudice del lavoro, il 18 Dicembre 2004, a seguito del ricorso di una impiegata in un call center, madre di un bimbo piccolo e di salute cagionevole, con il quale la stessa chiedeva il riconoscimento di disturbi ansiosi a seguito di una situazione lavorativa non gratificante, in virtù della quale la dipendente era stata prima richiamata per scarso rendimento, e poi licenziata.
Nella motivazione alla sentenza, richiamandosi all’Accordo Europeo sullo stress lavorativo del 1984, il Giudice del Lavoro così si esprimeva: ”esaminate le cause di stress indicate dalla lavoratrice (il gravoso impegno lavorativo, la frequenza con cui vi era la necessità di prolungare l’attività oltre l’ordinario orario di lavoro, il ritardo nelle promozioni promessegli, il precario stato di salute del figlio), ritiene questo giudice che le circostanze appurate consentono di affermare che il deterioramento dello stato di salute della ricorrente trova causa nella situazione di stress lavorativo, nota al datore di lavoro, e a questi imputabile…..”; continuando il giudice scrisse che : ”lo stato di stress fosse stato acuito ed aggravato dal profondo insoddisfacimento per una progressione di carriera ingiustamente negata”.
Dal dicembre 2004 ad oggi la giurisprudenza numerosissime volte si è trovata di fronte a ricorsi definiti con il riconoscimento del danno da stress lavoro-correlato imputabile a comportamenti scorretti del datore di lavoro ed ha affinato l’ambito delle fattispecie riconducibili a tale fenomeno; tanto che con l’ultima legislatura si è introdotto nell’ordinamento giuridico anche il reato di “stalking”.
Lo stress lavorativo è stato per la prima volta normativizzato con il DLgs 81/08 e da allora con le modifiche apportate dal decreto correttivo, ha trovato sempre maggiore spazio e tutela legislativa tanto che spetta al datore di lavoro l’onere di valutare le condizioni lavorative in cui operano i propri dipendenti, in modo tale da ridurre o prevenire i rischi che possano degenerare in malattie professionali riconducibili allo stress lavoro-correlato.
Attualmente il riconoscimento del danno da stress lavoro-correlato è definito dalla giurisprudenza prevalente e dagli studiosi della materia come :”danno esistenziale costituito dalla somma di impedimenti subiti in relazione al libero svolgimento delle attività che contribuiscono alla realizzazione individuale: limitazioni all’agenda quotidiana o alla normale qualità della vita ovvero il cambiamento delle proprie abitudini di vita, dei propri usi di vita sociale, delle proprie scelte individuali o sociali, della libera estrinsecazione della personalità”.