Pubblicato dal Ministero del Lavoro l’Interpello 7/2018 riguardante le modalità per la determinazione delle dell’indennità di maternità spettante alla libera professionista che rientra in Italia dopo aver svolto attività lavorativa all’estero o aver conseguito un titolo di studio.
La richiesta interessa quanto disciplinato dal comma 2 dell’articolo 70 del decreto legislativo 151/2001 (Testo Unico sulla Maternità e Paternità) che definisce l’indennità nella misura “dell’80% di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo della libera professionista” riferito al secondo anno precedente rispetto al parto.
In particolare interessa le misure introdotte dagli incentivi fiscali disposti dalla legge n. 238/2010 e dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147/2015 in materia di riduzione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, riguardante anche i lavoratori autonomi, che rientrano in Italia dopo un periodo di lavoro o di studio all’estero.
In dettaglio il tema sollevato dal quesito concerne a terminologia “reddito professionale” e il fatto che ci si debba riferire all’intero reddito professionale, oppure ai termini ridotti previsti dai decreti sopra citati.
Interpello 12 dicembre 2018
La risposta del Ministero, anche alla luce di ulteriori elementi recentemente acquisiti, sostituisce la precedente risposta emessa con l’interpello n. 4 del 29 maggio 2018 e precisa quanto segue.
Il disposto combinato introdotto in materia di agevolazioni fiscali introdotto dalla legge n. 238 del 30 dicembre 2010, e dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 14 settembre 2015, sono evidentemente rivolti a favorire il rientro in Italia di soggetti che studiano, lavorano o che hanno conseguito una specializzazione post-laurea all’estero e che decidano di fare rientro in Italia, creando i presupposti di vantaggio fiscale che preveda appunto una riduzione della base dell’imponibile e la conseguente riduzione delle derivanti imposte sul reddito.
L’obiettivo della misura è chiaramente esplicitato dal comma 1 dell’articolo 1 della citata legge 238 che definisce come finalità della disposizione quella di “[…] contribuire allo sviluppo del Paese mediante la valorizzazione delle esperienze umane, culturali e professionali maturate dai cittadini dell’Unione europea che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia […].” e che decidano di farvi ritorno dopo un soggiorno per motivi di lavoro o studio all’estero.
D’altra parte, è evidente anche la finalità dell’articolo 70 del testo unico sulla maternità che opera al fine di garantire trattamenti economici adeguati sostitutivi a quello del reddito normalmente percepito durante il periodo della gravidanza e maternità, con l’obiettivo di evitare trattamenti meno vantaggiosi.
In considerazione di tali presupposti la direzione Generale, nella figura del direttore Romolo De Camillis, ritiene necessario precisare che una lavoratrice in possesso dei requisiti per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per il rientro in patria, continui ad avere il diritto all’indennità di maternità calcolata sul reddito pieno, come percepito prima del periodo di gravidanza. Tale misura infatti garantisce il pieno rispetto di quanto previsto dalle tutele disposte dall’articolo 70 sopra citate.
La conclusione è inoltre avvalorata dal fatto che il reddito pieno percepito e denunciato costituisce di fatto anche la base imponibile sulla quale calcolare l’importo dei contributi di previdenza obbligatoria, che non vengono alterati dalle misure di agevolazione fiscale disposte per favorire il rientro in Italia dalla legge 238/2010 e dal d.lgs. 147/2015.