Il D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, così come modificato dal D. Lgs. 19/3/1996 n. 242, disponeva con l’art. 96 bis, fra le norme transitorie e finali, che “ Il datore di lavoro che intraprende un’attività lavorativa di cui all’articolo 1 è tenuto a elaborare il documento di cui all’articolo 4 comma 2 del presente decreto entro tre mesi dall’effettivo inizio dell’attività”. Il documento a cui faceva riferimento tale articolo era il DVR e cioè il documento che il datore di lavoro era tenuto ad elaborare dopo aver fatto la valutazione dei rischi e che doveva contenere:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale dovevano essere specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione sopraindicata;
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
La disposizione contenuta nell’art. 96 bis del D. Lgs. n. 626/1994 è stata da molti interpretata scorrettamente nel senso che si è pensato che il legislatore avesse voluto concedere ai datori di lavoro il tempo fino a tre mesi dall’inizio effettivo della attività per fare la valutazione dei rischi presenti nel proprio ambiente di lavoro e non anche che tale termine si riferisse invece alla data entro la quale il datore di lavoro doveva elaborare il documento di valutazione dei rischi.
Ora con il D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, la corrispondente disposizione transitoria non è stata ripetuta per cui tutti gli obblighi contenuti nel decreto legislativo stesso devono intendersi da applicarsi prima dell’inizio effettivo dell’attività lavorativa a meno che il legislatore non fornisca espressamente diverse indicazioni. In altri termini tutte le misure finalizzate a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori dipendenti o ad essi equiparati e mirati alla prevenzione degli infortuni o delle malattie professionali devono essere attuate nella fase di organizzazione dell’azienda e comunque prima che il personale venga adibito alla attività lavorativa ed allo svolgimento delle mansioni allo stesso affidate. Del resto non poteva essere diversamente nella logica della prevenzione nei luoghi e negli ambienti di lavoro né avrebbe avuto comunque senso concedere al datore di lavoro un “periodo finestra” per poter effettuare degli interventi preventivi ritenuti necessari a rimuovere delle condizioni di rischio alle quali potessero essere esposti i lavoratori dipendenti.
Così, ad esempio, il datore di lavoro prima di adibire dei locali ad attività lavorativa si assicura che gli stessi siano rispondenti alle norme di sicurezza sul lavoro e siano forniti dei presidi obbligatori di primo soccorso ed antincendio, oppure prima di far utilizzare ad un lavoratore una macchina o una attrezzatura deve valutare la sicurezza della stessa ed adottare quelle misure di sicurezza che dovessero emergere dalla valutazione dei rischi, oppure prima di mettere in esercizio unimpianto elettrico o un apparecchio di sollevamento deve provvedere a farne verificare la regolarità ed idoneità tecnica, o prima di adibire un lavoratore dipendente all’attività di videoterminalista deve far verificare la regolarità del suo posto di lavoro, o ancora prima di adibire i lavoratori ad attività che comportino una esposizione ad agenti fisici, chimici, biologici, cancerogeni o comunque pericolosi e che richiedano a giudizio del valutatore dei rischi il ricorso ai dispositivi di protezione individuali deve fornisce i DPI appropriati, o ancora prima di adibire i lavoratori ad una mansione che richiede una sorveglianza dovrà farli sottoporre ad una visita medica preventiva e così via.
In definitiva, quindi, nella prevenzione va applicata la logica che ha portato ad esempio il legislatore ad imporre con l’art. 67 del D. Lgs. n. 81/2008, per quanto riguarda la costruzione e la realizzazione di edifici o locali, sia pure da adibire a lavorazioni industriali e con la presenza di più di tre lavoratori, oppure nel caso di ampliamento o di ristrutturazione di locali già esistenti, ad effettuare, prima di adibirli ad attività lavorativa, una notifica preliminare all’organo di vigilanza competente per territorio nella quale indicare gli aspetti considerati nella valutazione dei rischi, descrivere l’oggetto delle lavorazioni e delle principali modalità della loro esecuzione ed indicare le caratteristiche dei locali e degliimpianti.
Diciamo, quindi, che, così come avviene per i cantieri temporanei o mobili per i quali, come è noto, è prevista ancor prima dell’inizio dei lavori una fase di progettazione e di programmazione delle misure di sicurezza con la elaborazione da parte del coordinatore per la progettazione di un piano di sicurezza e di coordinamento e successivamente, nella fase di realizzazione dell’opera, una verifica attraverso il coordinatore per l’esecuzione della corretta applicazione delle misure programmate con l’obbligo di apportare le necessarie variazioni legate alle esigenze del cantiere in atto, così anche per tutte le altre attività imprenditoriali nella fase di programmazione dell’azienda va fatta una pre-valutazione dei rischi con l’esame dei cicli di lavorazione, dell’organizzazione del lavoro, dei luoghi di lavoro, delle macchine, delle attrezzature e degli impianti, delle sostanze da utilizzare e così via con lo scopo di verificare il rispetto delle disposizioni legislative di prevenzione nonché di rimuovere le chiare ed evidenti situazioni di rischio a cui potrebbero andare incontro i lavoratori dipendenti e di elaborare così una sorta di “DVR di progettazione”. Non si dimentichi a proposito che fra le figure obbligate al rispetto dei principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e con obblighi sanzionati anche penalmente, il D. Lgs. n. 81/2008 cita esplicitamente nell’art. 32 i progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti i quali sono chiamati a garantire, sin dal momento delle scelte progettuali e tecniche e nella scelta delle attrezzature, dei componenti e dei dispositivi di protezione, che gli stessi siano rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia.
Dopo l’inizio effettivo dell’attività lavorativa, quindi, dovrà seguire una verifica di attuazione e di efficienza delle misure programmate al fine di completare la valutazione dei rischi con tutti quegli elementi che sono riscontrabili solo durante le lavorazioni (esposizioni effettive, misurazioni strumentali, ecc) nonché di apportare delle eventuali variazioni o integrazioni per situazioni ed esigenze emerse nell’esercizio dell’attività e che non si sono potute prevedere in fase di programmazione.
Gli interventi in materia di sicurezza da effettuare dopo l’inizio della attività lavorativa entrano nella logica del miglioramento continuo e sono finalizzati ad una ulteriore riduzione dei rischi nonché al raggiungimento di una maggiore tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro, nella organizzazione del lavoro, nell’esercizio delle macchine, degli impianti e delle attrezzature di lavoro, ma resta fermo, comunque, in risposta al quesito formulato che tutti i requisiti minimi indicati dal legislatore e da questi ritenuti necessari ed obbligatori per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali vanno adottati senza alcun dubbio in un fase preventiva se non si vuole andare incontro, tra l’altro, come è successo a chi ha formulato il quesito, all’applicazione da parte dell’organo di vigilanza delle relative sanzioni nel caso di un eventuale accesso ispettivo.
Fonte: Anfos.it