Imprenditore agricolo condannato per l’ abbandono nei campi di extracomunitario

 

23 Ottobre 2008

Per non far scoprire che lavorava a nero nella sua azienda un imprenditore agricolo della provincia di Mantova abbandonò nei campi un lavoratore extracomunitario colpito da un malore. Ora l’imprenditore sarà processato per omicidio volontario. Lo ha deciso la prima sezione penale della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso contro la custodia in carcere disposta dal Tribunale del Riesame di Brescia. Secondo la Corte il Riesame ha inflitto legittimamente la custodia in carcere per l’imprenditore dal momento che “il tribunale ha sottolineato come la scelta di allontanare lo straniero malato dal teatro del suo lavoro irregolare, omettendo il suo possibile pronto accompagnamento in ospedale, nonche’ la decisione di collocarlo in terra fuori dell’azienda, esposto al sole cocente di quell’estate e ritardando in modo consistente la chiamata dell’intervento sanitario, fossero coerenti con l’opinione per la quale l’evento morte dello straniero fosse ipotesi accettata perche’ preferibile a quella di vedere emergere la propria responsabilita’ per l’assunzione irregolare di extracomunitario”. La vicenda risale a questa estate in una frazione di Viadana, nel mantovano, dove il datore di lavoro con la collaborazione della moglie aveva steso sul margine di una strada un clandestino che lavorava presso la sua azienda agricola dopo che quest’ultimo era stato colpito da malore mentre era a lavoro. Soltanto a distanza di tempo la donna, presa probabilmente dal rimorso, si è decisa a chiamare il 118. Troppo tardi però, il lavoratore nel frattempo è deceduto. Di qui la custodia cautelare in carcere e la disposizione per la moglie di rimanere lontana dalla zona dove si trova l’azienda agricola. Ricorrendo in cassazione i coniugi hanno sostenuto che erroneamente non si era tenuto conto del fatto che avevano chiamato il 118 e che dunque non desideravano la morte del clandestino. Piazza Cavour ha respinto il ricorso e ha evidenziato che “pur non essendo ancora del tutto chiarita la causa del decesso” del clandestino, tuttavia legittimamente il Riesame ha ritenuto “ravvisabile il nesso di causalita’ tra la condotta omissiva e commissiva degli indagati e la morte dello straniero”. E che, in definitiva “l’evento morte, seppure non voluto dagli indagati, era stato da costoro certamente previsto come possibile ed accettato”.

Fonte: Studiocataldi


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